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RECENSIONI DEL ROMANZO

 

 

 

RECENSIONE DI GUIDO LAURENTI

 

La metamorfosi del professor Strunz

di Ezio Saia

 

Alcune impressioni di lettura

 

 1. Pubblicato nel 2007, La metamorfosi del professor Strunz è un romanzo difficilmente definibile secondo categorie critico-letterarie, ma soprattutto non ascrivibile a «definizioni» e «stili» propri del romanzo otto-novecentesco, seppure ad essi attinga per espliciti rimandi e per impliciti debiti letterari.

2. La trama è incentrata sulla figura del «professor Strunz» » (si noti da subito la forma tronca del nome a segnalare l’inettitudine del personaggio, che non è per l'appunto uno Strunzo completo, ma è uno Strunzo a metà, insignificante, incapace di rivestire persino quel «ruolo»), un essere (non un uomo tout court) solitario, asociale, meditabondo, esiliato ed estraniato dalla società, la cui biografia ha le caratteristiche di un «dramma eroicomico», con tutte le conseguenze che una narrazione così impostata comporta. Intanto «comico» è il registro stilistico adottato da Saia: la sintassi, i costrutti, il lessico attingono alla lingua parlata, alla lingua dell’oralità. Ma l’ordito retorico non è una riproposizione del parlato: in esso si rintracciano, infatti, aspetti linguistici che denunciano un uso libero, disinvolto, sapiente, autonomo e pienamente consapevole del linguaggio. La lingua è, in effetti, totalmente piegata alla volontà narrativa e non appare riottosa o servile rispetto alle esigenze della narrazione. È piuttosto il linguaggio a creare la narrazione, a strutturare i personaggi, a far vedere e intravedere, a far capire e intuire, a smascherare il non dicibile, a indurre riflessioni e valutazioni. È una lingua, dunque, piegata alle necessità narrative del romanzo. Una lingua composita che attinge a più serbatoi lessicali, come del resto composita e complessa è la vita dello Strunz: numerosi i termini legati alla lingua della medicina, della chimica, della fisica, della filosofia, della politica e delle scienze sociali (pedagogia, psicologia e sociologia) e persino dell’imperante burocrazia. Le parole prelevate da queste discipline sono però, per così dire, «forzate» dalla penna di Saia: sono cioè «metamorfizzate» con suffissi che le trasformano in profondità mettendone in rilievo il «vero significato» - che non è certamente il «grado zero della comunicazione» per dirla con una celebre categoria della linguistica attuale. Un significato, quello dato alle parole da Saia, che si esprime attraverso un’inevitabile «violenza» compiuta sul significante e che permette di denunciare il «vuoto linguistico» di molti usi di parole e, per necessaria conseguenza, il «vuoto di comunicazione» che esse sortiscono. Parole-slogan; parole sottoposte a un logorio legato ad un uso incauto e inflazionato; parole specializzate dalle varie discipline a significare nuove verità, ma spesso anche vuote realà; parole che non sono più consequentia rerum. In ogni caso, la lingua del romanzo è abilmente «marcata», originalmente personale, fortemente espressiva, senza però mai perdere l’aggancio con la realtà e una piena capacità di comunicare.

3. Proprio attraverso tale ironia, un’ironia «comica», ma al contempo «eroica», vale a dire, pacata, sussurrata, mai urlata o proclamata o drammatizzata, emerge la spina dorsale del romanzo «eroicomico» di Saia. Un romanzo, ripetiamolo, incentrato sulla vita e, più ancora, sulla «metamorfosi» del professor Strunz, un uomo «strano» agli occhi della moglie, delle colleghe di lavoro, degli amici. Un uomo che ama «masturbarsi» con la lettura (secondo l’eloquente interpretazione psicologica data di lui da una collega della moglie), che non ama le mode del momento, rigettando sia il conformismo politico, sia quello sociale, legato al vivere quotidiano, sia, infine, quello culturale, che si ritrova, per esempio, nelle verbosità asfittiche e incolori del vocabolario specialistico della «nuova pedagogia» (specchio anch’essa dei nuovi tempi, della nuova società e dunque delle nuove mode). Insomma, un outsider sotto tutti i punti di vista. Ed è da queste sue stranezze, da queste sue rinunce alla vita imposta dalla società del momento, dalla sua strana depressione o, forse, da una malattia più «vera», più «reale» e «concreta», vale a dire dall’ipercolesterolemia, che nascono i problemi dello Strunz. È un essere, lo Strunz, che progressivamente incompreso, isolato, demonizzato dalla società prodotta dalla «cultura» dell’ecumene umana viene via via respinto nella solitudine della propria interiorità, viene cacciato dal mondo civile, dal mondo degli uomini e dalla «cultura» prodotta da questa società. E così un mattino lo Strunz si risveglia animale, si scopre bestia, per la precisione un quasi-toro. Non appartiene più ora alla società degli uomini, non partecipa più della cultura degli uomini: è tornato ad essere un essere della natura, seppure non abbia ancora reciso del tutto i legami con la società umana.

4. Quale, dunque, il senso di tale «metamorfosi»? Quale la ragione del romanzo di Ezio Saia? Proverei a riflettere, in primo luogo, su ciò che il romanzo di Saia non è o non vuole essere. La metamorfosi del professor Strunz non è un testo «naturalista», «verista» o «neorealista», non è un romanzo psicologico, non è un romanzo di denuncia politica o sociale in senso classico. È un romanzo però in cui la riflessione politica e sociale è sottilmente presente. Un romanzo nel quale, in un registro «eroicomico», emerge una sapiente riflessione sull’esistenza, sull’uomo, sulla società. Un romanzo che con la figura del professor Strunz propone una «metamorfosi» da una pseudo-cultura alla realtà della natura: una radicale trasformazione per tornare a «ruminare» con naturalezza nella natura. È, in ultima analisi, una straordinaria fiaba che non muove da esigenze didascaliche, ma dalla volontà di «narrare la vita», attraverso un caleidoscopio surreale, espressionista e barocco. Un romanzo, un dramma eroicomico, una fiaba, un racconto surreale che si riconoscono e si congiungono nella comune «meraviglia» propria dell’atto del raccontare

Guido Laurenti

Torino, 15 aprile 2009

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Guido Laurenti ha conseguito il dottorato di Ricerca in Culture Classiche e Moderne presso l'Università di Torino, sotto la Guida di Maria Luisa Doglio e Clara Leri. Oltre ai saggi dedicati alla letteratura religiosa del Cinquecento sull'oratoria di Francesco Panigarola e del Seicento su Zaccaria Castiglione, Luigi Giuglaris e Mario Bignoni, è autore di studi sulla presenza della Bibbia nelle rime di Gaspara Stampa, Vittoria Colonna, Veronica Gambara e sul rapporto tra filosofia morale, teologia e retorica in Torquato Tasso. Ha iniziato importanti collaborazioni con 

 

 

Recensione di Gianluca D’Urso 
La mansuetudine del professor Strunz è scritta nel suo codice genetico. Quando il dottor Ciripalli, specialista del settore, diagnostica l’anomalo metabolismo da ruminante del matematico, non fa altro che leggere la sua storia e, al contempo, il suo destino, come un abile cartomante. Strunz è un novello Bartleby, un uomo di in-azione, che subisce inerme gli attacchi del suo nemico giurato, che lo perseguita e ossessiona: il riflusso della cultura sessantottina, ovvero quel che ne rimaneva negli anni Novanta. A differenza dello scrivano di Melville, però, il professore si logora nel rancore. A cominciare da quando, poco più che adolescente, il corteggiamento della sua futura moglie lo costringe ai concerti degli odiati cantautori e ai dibattiti dei disprezzati gruppi di sinistra, per finire al momento in cui la sua routinaria vita professionale viene funestata dall’avvento delle nuove teorie pedagogiche. Proprio queste ultime costituiscono l’innesco della prima trasformazione del mite Strunz da figura di secondo piano del consiglio scolastico a strenuo capeggiatore dell’opposizione al rinnovamento. La seconda, definitiva, metamorfosi kafkiana è un ritorno all’originale docilità in una sorta di ciclo cosmico. Ma i propri tormenti, suggerisce la storia del professor Strunz, ciascuno li porta con sé ovunque, persino nella trasmigrazione in un nuovo corpo. Può capitare che la fuga da una specie asservita all’autorità di una presunta egemonia culturale, si concluda in un’altra specie assoggettata al dominio di un malgaro presunto zoofilo, con l’aggravante del persistere dell’ossessione per le lettere livorose da recapitare agli esponenti più in vista tra i politici del centro-sinistra. Il professor Strunz è una sorta di pellicola per negativi di un personaggio di Tondelli –con il quale Saia ha in comune la ricerca di una colloquialità estrema nello stile del linguaggio e l’abbondante uso di neologismi– arruolato nelle schiere degli avversari politici delle figure dello scrittore emiliano, rivelandosi in questa distanza ideologica e culturale un perfetto uomo del suo tempo. 
 

 


Ezio Saia è laureato in Ingegneria Elettrotecnica (Politecnico di Torino) e in Filosofia (Università di Torino). Ha scritto quattro trattati di filosofia (Filosofia dei paradigmiRiflessioni sull’arteGiudizi politiciSocietà e cultura ) e quattro romanzi (Il morbillo e la chelaLa città e il demonioIl re degli anarchiciLa metamorfosi del professor Strunz), per ora tutti inediti, eccetto l’ultimo, ovviamente!


 

LEGGI DELLA TREMENDA BATTAGLIA A TORINO FRA LA SIGNORA DELLE OLIMPIADI E IL DEMONIO

 

 

Nella nuova Torino si dipanano grandi e tempestosi amori. La città, guidata dalla splendente Signora delle Olimpiadi, vive giorni febbrili. Scoppia l'allegria, arrivano i turisti, sfila il mitico circo Balivo, si susseguono le brillanti feste totemiche. Nel superbo Palazzo Reale convengono le glorie piemontesi e s'espandono nel mondo le immagini della festa, ma durante la fastosa cena...

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