LA città e il demonio

Vengono successivamenrte riportati in questa pagina:

- un invito dell'autore alla lettura del libro

- un giudizio critico della dottoressa Giovanna Manganiello 

- un breve riassunto dell'opera

L'invito dell'autore

E' un romanzo libero, appassionato che avrà successo tra tutti quei lettori che amano vedere il mondo come commistione di realtà e fantasia.

Il carattere dei personaggi è a volte grottesco e appassionato ( Giosuè), a volte entusiasta, amante della vita e quasi delirante come un crescendo Rossiniano (Brigante Mose) a volte poetico ( Signora Gauss e Bombelli) o comico (Critico Gauss) o favoloso e felliniano (la città di Torino) e lo stile si adegua spontaneamente senza forzature fino all’epilogo della mitica cena dove assume toni pomposamente e ridicolmente solenni.

Del tutto particolare sono i due personaggi divini, l’arcangelo Gabriele e il demone Balivo che, scesi sulla terra per cercare Dio sparito dal paradiso, si sono grottescamente secolarizzati: il primo si è affezionato a una ricca famiglia e si è fermato come tuttofare, l’altro gira il mondo con un circo; entrambi non ricordano chi dei due è l’angelo e chi il diavolo.

Personaggi importanti sono anche le elite, gli intellettuali, i partiti, i casati, la burocrazia, i circoli, i politici e la città con la sua anima.

 

 

In una grottesca Torino in profonda trasformazione, si dipanano gli amori tragici, tempestosi, appassionati, demenziali, ipocondriaci, grotteschi tra

la matura signora Gauss e il professor Bombelli, tra il feroce critico Gauss e la direttrice dei beni culturali,

il bandito Mosè e la marchesa porcara,

il conciario Geronimo e la torbida cantante Annuska

l’altera figlia di Annuska e il biondo, teutonico guerriero nibelungo

In un rossiniano crescendo d’amore e di sesso si amano Mosè e la matura Gloria, il futuro profeta Giosuè e la suorina Alsazia, la madre di Giosuè dalle lunghe gambe parlanti e un appassionato geometra del catasto..

La città in scintillante rinascita vive giorni febbrili: viene scoperta in Venaria un’incredibile, fantastica reggia, emergono splendenti, fulminanti, radiose la Signora delle Olimpiadi, e la Signora dell’Arte, rifulge l’abbagliante luce del nuovo Sole della Fondazione San Paolo, compare il demonio Balivo, esce la grande Diderot, la nuova monumentale enciclopedia dei concetti.

L’anima della rinascente Torino non attende che un segno per destarsi e rimettersi in. moto

Ed è proprio splendente Signora delle Olimpiadi, dopo un torbido patto col demonio Balivo a destarla e a farla risplendere nel firmamento mediatico:

Arrivano nuovi fulgidi eventi, arriva dal cielo la polvere erotica, arriva l’epidemia di ridarella, arrivano i grandiosi flagelli della viola ghermascia, dell’Onanismo, della neve filamentosa, del gelo. Il tutto mentre la città, ora viva e palpitante, diviene protagonista coi suoi palazzi mugghianti, con le sue regge, con le sue piazze del proprio rinascimento, attorno alla miracolosamente e favolosamente rinata Reggia della Venaria che, dopo decenni d’oblio, riemerge in tutto il suo magnifico e magico splendore e inizia a rivelare i suoi segreti.

Racconta le gesta e gli amori del dimenticato Mosè, gli amori e le gesta del figlio Geronimo, di sua moglie, la celebre cantante Annuska, che la sera prima delle fucilazione canta e bacia una vera testa mozzata, di sua figlia che ama il suo Nibelungo, perdendosi nei corridoi, nelle camere, nei salotti del palazzo, sotto i platani del parco, tra le felci della palude e dentro il gigantesco bottale di rovere della conceria.

 

Intanto mentre la signora Gauss e il suo Fato coronano il loro amore, dopo umana scintillante festa a cui interviene lo stesso demonio, in un turbinio di danze, di canti, di sfilate, l’allegria scoppia a Torino. Arrivano valanghe di turisti, sfilano truppe festose sfila il mitico e favoloso circo Barnum con il cane dell’Ellade e la fosca Gorgone, si susseguono, fantastiche e spumeggianti, le feste totemiche con i loro sfavillanti invitati, nei favolosi saloni dei palazzi reali, dove l’alta e l’altissima elite, l’alta e altissima cultura, l’alta e altissima società si celebrano e si corteggiano, sempre altamente compenetrati dei loro alti doveri morali e civili, sempre disinteressatamente consacrati al bene di tutti..

 

La nuova Torino turistica esplode, emerge la mitica caverna alchemica e dalla caverna un gigante che in un epico duello trasmesso in mondovisione e seguito in ogni parte del globo, piega davanti a uno stadio straripante di ricchi turisti, l’infernale gorgone. Nella nuova Torino Turistica dove non una camera d’albergo, non un letto e neppure un sottoscala è più disponibile, l’inesauribile Signora delle Olimpiadi lancia le sue Olimpiadi invernali e vince tutte le gare eclissando così definitivamente la Signora dell’Arte che, dopo il clamoroso insuccesso della sua “Mostra di merde d’artista’ si ritira offesa nella sua fondazione con i reperti della sue ultime mostre ‘Unghie d’artista’, ‘Sperma d’artista’ e, appunto, “Merda d’artista”

Il demonio, artefice di tanto successo, rincorre vanamente la signora per riscuoterne l’anima. Sfugge sempre la furba signora finché alla fine, esasperato, il demonio lancia una feroce maledizione e l’altera signora si schianta a folle velocità contro un muro. Il de4monio esulta ma l’inesauribile signora, pur ridotta a enorme frittella frattale, si riproduce in migliaia di copie che escono e portano l’empia città alle completa redenzione celebrata con una cena solenne a Palazzo Reale.

 

E’ l’apoteosi. Nel superbo Palazzo Reale convengono tutte le glorie torinesi dagli amministratori, regionali e comunali alla casate dei capitani d’industria, alle glorie sportive, letterarie, mediatiche, ai supremi intellettuali, alla società civile, ai sindaci, ai questori, ai sovrintendenti. Tutte le glorie giornalistiche sono qui convenute a commentare l’evento. S’espandono per l’aer del mondo le parole e le immagini di tanta festa e i cittadini possono così ammirare le grazia ,la bellezza, le mise dei loro miti che sfilano e iniziano il favoloso pranzo piemontese di cui godono dal primo all’ultimo boccone, dalla prima all’ultima parola dal primo all’ultimo sorriso. Si susseguono i superbi piatti e i superbi vini, i vip divorano bevono e straparlano; impazzano i commentatori e impazzano le folle in un crescendo vertiginoso e parossistico mentre in piazza Vittorio il circo fa spettacolo coi suoi pagliacci.

 

Una recensione della dottoressa Giovanna Manganiello

Non farò una critica ma proporrò piuttosto un racconto del mio incontro con il romanzo e con l’autore che conosco da molto anni. Su sua richiesta ho letto una prima volta il romanzo esponendo qualche critica e qualche perplessità. Poi l’ho riletto a correzioni eseguite. 

Parlerò di questa prima lettura e delle mie perplessità. Successivamente esporrò le mie impressioni riguardanti la trama, i personaggi, lo stile, all’intreccio e dando un complessivo giudizio anche in relazione ai due precedenti romanzi dell’autore.

 

Nel romanzo s’incontra un diluvio di personaggi, che agiscono, parlano, scompaiono ricompaiono in una ridda di eventi, corse, disastri, colloqui, congiure e letture: una sarabanda unica che non ritrovavo da molto tempo in un romanzo.

Provo a farne un minimo elenco: gli amori tra Giosuè e l’Alsazia, tra Mosè e la Gioia, tra Mosè e Boccoli d’oro, tra Geronimo e Annuska, tra La signora Gauss e Fato, tra il Critico Gauss e la conservatrice dei beni culturali, tra la Aiena e Giona, tra la nonna e Sigfrido, tra la Signora delle Olimpiadi e il marito Mezzabanca, un’infinità di amori e non li ho neppure citati tutti. Altri  importanti protagonisti sono il diavolo Balivo, l’Ataiù, La Signora dell’Arte, il Rattazzo, padre di Giosuè, la madre Gambe parlanti, ecc. Ma, in questo romanzo, anche le case, i palazzi, le piazze, i salotti sono protagonisti. Il tutto complicato dal fatto che sia i personaggi sia le cose ti spuntano davanti, senza preavviso e con nomi diversi. Così Sigfrido è anche il Nibelungo, così Mosè è anche Dentidoro, così Boccoli d’oro è anche la Marchesa Porcara, mentre altri personaggi come la nonna di Giosuè e altre nonne vengono sempre citati col termine “nonna” e di quale nonna si tratti lo si dovrebbe dedurre dal contesto.

In questa sarabanda di nomi, soprannomi, personaggi, eventi più o meno mirabolanti, confesso di aver avuto, alla prima lettura, qualche problema d’orientamento. Spesso mi sono chiesta “E questo chi è?...Ma dove sono?” . E ho dovuto rileggere qualche pagina per ritrovare la via.

Subito ho anche pensato “Troppi personaggi, troppe vicende!” . Ma chi si crede di essere? Un nuovo Tolstoi? Il Tolstoi di Guerra e Pace. Quel Tolstoj capace di dominare un enorme numero di protagonisti, di ambienti e di relazioni?

Questa è stata la prima reazione ma, poi, rendendomi conto che il romanzo fluiva leggero e veloce, mi sono interrogato circa il senso del romanzo e sulle diversità di alchimie fra i vari possibili modi di narrare. Dii questo parlerò dopo.

Ho segnalato all’autore i problemi di orientamento e mi sembra che, intervenendo in più punti abbia provveduto a sanarli. L’aggiunta di una piccola guida iniziale a luoghi e personaggi poteva risultare utile benché fatte le correzioni potrebbe non essere più indispensabile.

 

La rilettura mi ha permesso di comprendere che la cifra del romanzo non è quella psicologica o quella narrativa o quella realistica. Una cifra che non appare neppure baricentrica perchè non c’è né una trama, intesa in senso tradizionale, che vada di volta in volta a raccogliere vicende e personaggi né un complicato arabesco. Insomma i personaggi non sono personaggi tolstoiani, e non esigono neppure un padrone di stampo ottocentesco che, come un dittatore, li smisti e come un demiurgo, con soffi caldi di vita e di amore, gli dia vita e verità: in questo romanzo non agiscono e non si presentano con un simile modulo. La metafora appropriata non mi pare né quella della trama né quella dell’arabesco ma quella di una polifonia o di un’orchestra con personaggi rappresentati dalle vivaci voce degli strumenti che intervengono a volte per formare melodie, a volte per punteggiare, colorare, sbeffeggiare, rinforzare la narrazione con temi, con sberleffi, con singoli squillanti note, ora un trombone, ora un ottavino, ora un tamburo, ora un violino che a volte parlano fra loro, a volte borbottano, a volte corrono e si lanciano in vertiginoso fughe, come accade nei pranzi e negli incontri erotici di Mosè e nell’ultima frenetica galoppata del gran pranzo dell’elite.

Il tono del romanzo è, dunque, ben diverso dalla narrazione ordinata e controllata. Le psicologie dei singoli sono appena tratteggiate e l’autore non si cura neppure di darci una descrizione fisica. Non ne ricordo neppure una. Qualche punteggiatura occasionale sull’altezza di Giosuè, sui jeans della signora Gauss, sulle dimensioni da botolo e sul  vestito a scacchi del demonio e nulla di più. Una scelta coerente per un romanzo in cui, alla fine, puoi quasi dire che la Versailles di Dentidoro, la casa floreale, la Torino turistica, gli scheletri, l’orchestra del regio, la neve, la caverna alchemica, e in generali i luoghi e gli eventi non sono meno personaggi dei personaggi come Mose, Giosuè o Balivo.

 

La cifra del romanzo è da una parte il grottesco e dall’altro la leggerezza. Leggeri sono gli amori, i sentimenti e le scene erotiche. Anche i più appassionati, anche i più vertiginosi, trovano una frase che li sdrammatizza e li fa volare leggeri. Anche l’amore totale, appassionato di Giosuè per la sua professoressa, anche le rivolte e gli odi di cui sono punteggiati, la sua anima e quelle dei suoi perversi antenati.

Se il grottesco è la cifra, il ritmo, la vivacità, la velocità sono le caratteristiche tanto dell’intreccio che della narrazione. Una ritmica che nutre anche lo stile. La narrazione passa da un evento all’altro, addirittura volando, corre avanti e indietro lungo i decenni, trasportando il lettore lungo eventi così fantasiosi, rutilanti e polifonici: è la città il vero protagonista, è la città a vivere.

Se, forse, l’orchestra inizialmente suona con un po’ di fatica, perché qualche strumento sta ancora sonnecchiando, man mano che il romanzo procede tutti gli orchestrali si svegliano e il suono procede orgogliosamente. La narrazione di Giosuè prima un po’ legnosa, prende quota e si scatena coi i folli amori di Giosuè con la sua Alsazia, furoreggia con il la grottesca morte della madre peccatrice, prende il volo con il surreale episodio della caserma , con la festa e con il circo.

Anche l’impegno politico, (oggi è di moda parlare di messaggio) mantiene la cifra del grottesco. Il nemico politico è l’elitè, una elitè che non è né di destra né di sinistra, che è essenzialmente elitaria e radical chic, ma verso la quale l’atteggiamento del romanzo non è né violento né furibondo e si mantiene ben lontano da toni partigiani. La stessa Signora delle Olimpiadi che gradualmente s’impadronisce del romanzo e assurge a incontrastata egemone della città, esprimendo la vivace capace di sconfiggere il demonio, non è personaggio odioso e suscita simpatia anche nelle su manifestazioni più “perverse”. Ho detto “perverse” anche se il termine perverso non si addice al personaggio, come non si addice neppure al peggior Giosuè o al folle antenato Geronimo.

 L’unico sentimento forte è forse impersonato dal padre di Giosuè, dal colossale Rattazzo, la cui famiglia è stata sterminata dai comunisti Titini. Ma anche l’odio del Rattazzo per Togliattini e Titini finisce per affogare nella multiformità dell’orchestra, costituendo al massimo una tragica disarmonia, un fastidioso errore di nota.

 

Lo stile è sempre denso e in buona armonia con il ritmo degli eventi. L’autore non è un incantatore di serpenti ma, comunque, il serpente esce dal sacco e si mette a ballare. Il romanzo e lo stile si modificano e migliorano con l’avanzare della sinfonia. Arzigogolato talvolta ma non cerebrale.

 Il peggio è l’inizio il meglio la fine. L’incipit è banale, il finale è efficace. Il romanzo si chiude con una occhiata che percorre velocemente la sala, la città e il cielo. Sentite la musica .” Lampeggia un guerriero dipinto, le maniglie di ottone ridono e dicono: «Cose già viste». In piazza Vittorio un clown diverte la folla. Arabeschi e nubi nel cielo.”

 

 

 

L'ELITE ALLA FESTA TOTEMICA
L'ELITE ALLA FESTA TOTEMICA

TRAMA (un breve riassunto)

Il romanzo inizia con l’editore Assalonga che, per festeggiare il ventennio di vita della sua casa editrice, decide di pubblicare il primo manoscritto pervenuto vent’anni anni prima e affida lettura e revisione all’iracondo Critico Gauss e al mite professor Fato.

I due manoscritti pervenuti come identici non lo sono affatto. La parte in lettura al mite Fato, autobiafricamente raccontata, riguarda la vita di un certo Giosuè a partire dalla tempestosa esperienza dell’asilo fino al compimento del ventesimo anno, quando lo stesso Giosuè riesce a sedurre la sua professoressa d’inglese di cui è perdutamente innamorato. accidioso caratteriale prepotente Giosuè riuscirà. Il racconto, affascinante anche per il contorto e moralmente ambiguo carattere di Giosuè, lascia intendere che quello stesso Giosuè è, forse, responsabile degli omicidi di un compagno dell’asilo, dell’amante della madre  e della madre stessa. Ciò nonostante Giosuè è personaggio decisamente simpatico e la sua ambiguità morale non pare neppure sfiorarlo.

Stranamente la parte di romanzo toccato al critico Gauss non parla di Giosuè ma racconta le vicende di Mosè, un suo antenato brigante, che coi sodi del brigantaggio ha risanato la palude in cui è nato, diventandone per metà proprietario, dopo aver contrattato col proprietario marchese il baratto in cambio del risanamento di tutta la proprietà.

Si dipana, intanto, la storia d’amore tra Fato e la signora Gauss e si colgono le prime avvisaglie dell’arrivo a Torino del demonio Balivo. che interviene e interferisce sia con l’alta elite che amministra la città, sia nelle minute storie di Giosuè, di Fato, della Gauss e di suo marito, il critico Gauss, astioso intellettuale ferocemente avverso alla elite, seriamente impegnato nel corteggiamento  della nuova conservatrice dei beni culturali del Piemonte.

Il clima, la successione degli eventi, la loro conduzione, gli incidenti, le reazioni, i dialoghi assumono ora un tono grottescamente surreale e precipitano in due grandiosi eventi; il primo, una grande, fantasmagorica, eccitante festa da ballo, in cui intervengono tutti i personaggi umili della storia e, il secondo, una accesa guerra di successione, la guerra dell’Abaco, combattuta con tutte le armi di corte, in occasione del rinnovo di tutte le cariche politiche della città di Torino. Una Torino pronta a un gran balzo  che destinato a trasformarla dalla vecchia, grigia e noiosa Torino industriale alla brillante, fantasmagorica, meravigliosa colta turistica ed elitaria nuova Taurini.

Sfila per la città il Circo del Diavolo, compare la Gorgone, La polizia capitanata dal Maggiore Lagrange insegue il demonio per arrestarlo, poi il manoscritto del critico Gauss viene rubato dalla coppia Fato-signora Gauss. Il maggiore col suo reparto e il critico Gauss inseguono la coppia che si rifugia, prima, nel territorio della Chiesa di Ugo e Nicola, un’ambigua setta in sospetto d’eresia, diretta da Giosuè, poi nel castello della nuova Versailles, un enorme reggia eretta a Venaria da Mosè’e  completata da suo pazzo figlio Geronimo, detto il teologo nero. Geronimo ha costruito e incorporato verso l’esterno e verso l’interno verso l’alto e verso il basso, incorporando palazzi, chiese e cimiteri. Un immenso palazzo in bilico tra magia e rovina.

Il romanzo si trasferisce in quell’incredibile castello che rivela pesto il suo carattere di grottesco, grandioso,infinito, magico labirinto. La signora Gauss e Fato si perdono e si ritrovano, si perdono e si ritrovano mentre nella splendente Torno emerge grandiosa, potente, infrangibile la Signora delle Olimpiadi. La grande Signora, dall’alto della sua autorità morale, chiude la guerra dell’Abaco e, rinnovate le cariche, patteggia col diavolo la consegna della sua anima in cambio di una nuova Torino meravigliosa e ammirata da tutte le genti della terra. Il diavolo con un colpo di bacchetta magica inizia una sequenza che di eventi spettacolari. Si succedono la  polvere erotica, la ridarella, la neve filamentosa, il gelo, la Gheraxa, l’emergere dell’antica caverna alchemica, la risalita degli scheletri. Il successo mediatico è enorme; i turisti arrivano a valanghe, il sindaco impazzisce per la felicità. Il diavolo si presenta alla ormai potente SIGNORA DELLE OLIPIADI per riscuoterne l’anima ma, invitato a giocarsela a poker, perde la partita.

Infuriato il diavolo la fa volare contro un muro a velocità supersonica. La signora si trasforma in una enorme e viva frittella frattale, il demonio esulta ma la frittella si moltiplica in quantità ciclopica e, in pochi giorni, occupa tutta la città: le case, le chiese, i confessionali, le segrete sale della politica: nulla si salva dalle frittelle che dispiegano così tutta la loro potenza, LA SIGNORA DELLE OLIPIADI è onnipresente, in onnisciente, onnipotente; è il nuovo DIO. Tutto si complica per il demonio che, assististendo a questa potenza incredibile, è annichilito dalla morte del tremendo Rattazzo, il padre di Giosuè al quale era profondamente affezionato.

Con un colpo di bacchetta magica la nuova Torino scompare ma non tutto si ritrasforma come doveva. Lo stesso demonio si dimentica di essere un demonio e, mentre l’elite capitanata dalla eterna, infrangibile, luminosa signora delle Olimpiadi, indice una grandiosa festa per al nuovo luccicante palazzo Madama appena restaurato, viene divorato da una tigre del circo.

 

Tutto il mondo assiste alla grandiosa festa e alla cena che degenera in una selvaggia, grottesca, furibonda rissa, mentre il circo fa spettacolo coi clown in piazza Vittorio.

UNA BREVE TRAMA DEL ROMANZO

LEGGI DELLA TREMENDA BATTAGLIA A TORINO FRA LA SIGNORA DELLE OLIMPIADI E IL DEMONIO

 

 

Nella nuova Torino si dipanano grandi e tempestosi amori. La città, guidata dalla splendente Signora delle Olimpiadi, vive giorni febbrili. Scoppia l'allegria, arrivano i turisti, sfila il mitico circo Balivo, si susseguono le brillanti feste totemiche. Nel superbo Palazzo Reale convengono le glorie piemontesi e s'espandono nel mondo le immagini della festa, ma durante la fastosa cena...

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